Mi chiamo Stefano Pascazi, sono nato a Roma negli anni ’80 e, anche se nella vita mi occupo di tutt’altro, la mia grande passione è la fotografia.
Fin da bambino sono stato affascinato dalle immagini, un interesse che condivido con mio padre e che ci ha sempre legati. È stato lui a trasmettermi questa passione, e conservo ancora la sua Pentax ME Super, la mia prima vera "nave scuola".
Sono cresciuto con la pellicola, in un’epoca in cui ogni scatto era una scommessa. Non c’era modo di sapere subito se avevi colto l’attimo: bisognava aspettare lo sviluppo, spesso con un misto di speranza e delusione. La maggior parte delle volte le foto erano da buttare, ma proprio in quell’incertezza risiedeva il fascino. Era un approccio più lento, ma anche più profondo, alla fotografia.
Non mi considero un fotografo, ma semplicemente una persona che ama fotografare. Un appassionato che osserva, sperimenta e continua a imparare. La fotografia è il mio modo per raccontare il mondo, il mio mondo — e, forse, anche una parte di me.
Prediligo il bianco e nero, non per una questione estetica, né per nostalgia o moda. È una scelta istintiva, viscerale: è il linguaggio che sento più mio. Un modo per rappresentare un mondo sospeso, fatto di silenzi, assenze e presenze rarefatte.
Non escludo il colore, ma solo quando è davvero necessario — quando aggiunge significato. Altrimenti, è solo una distrazione.